Equity crowdfunding, lending crowdfunding e altre forme ad oggi presenti sul mercato sono nuovi metodi di finanziamento, a supporto soprattutto delle imprese ma anche di privati, che utilizzano il web come strumento. L’Osservatorio Crowdinvesting della School of Management del Politecnico di Milano ha realizzato il primo report italiano sul Crowdinvesting, aggiornato al 15 giugno 2016 fornendo un ottimo spunto di riflessione a tutti gli operatori del mercato e non. Lo studio focalizza l’attenzione sui portali che consentono alle imprese di ottenere capitale offrendo una remunerazione agli investitori attraverso la sottoscrizione di capitale di rischio (equity crowdfunding, ambito dove l’Italia vanta una legislazione specifica relativa a startup e Pmi innovative), oppure attraverso prestiti (lending crowdfunding) o ancora con la cessione di fatture commerciali (invoice trading). Nonostanteil ritardo italiano rispetto alla media europea, questi sistemi comunque crescono.
"Il crowdinvesting è un sottoinsieme del crowdfunding”, spiega Giancarlo Giudici, direttore scientifico dell’Osservatorio Crowdinvesting. “Si realizza quando investitori finanziari diffusi, attraverso una piattaforma Internet abilitante, rispondono direttamente a un appello rivolto alla raccolta di risorse per un progetto, in cambio di una remunerazione del capitale. È un fenomeno molto recente, eppure nel 2015 ha raccolto risorse a livello mondiale per circa 28 miliardi di euro. A determinarne lo sviluppo sono stati la crisi finanziaria, che ha portato le imprese a cercare fonti di finanziamento alternative, e l’azzeramento dei rendimenti risk free”.
Il palcoscenico su cui si muove l’equity crowdfunding è complesso, a volte contradditorio. Se da un parte si avverte la necessità di avere nuova linfa per portare avanti un progetto, un business, un sogno, dall’altra la “famosa terra promessa della democratizzazione dei finanziamenti online” sembrerebbe stentare a decollare. Si evidenzia la mancanza di cultura relativa all’azionariato diffuso, che ancora non coinvolge le masse ma si specchia nell’interesse di investitori esperti, istituzionali o business angel e un deficit di appeal dei progetti, nonostante la portata innovativa o sociale che recano in dote.
«Sono mancate startup innovative che proponessero prodotti e servizi in grado di colpire l’immaginario collettivo, non solo nel portafoglio – ha fatto notare Giancarlo Giudici – per quelle che potrebbero essere le opportunità di creazione di valore futuro, ma anche per il valore del prodotto e del servizio in sé».
A oggi, anche grazie ai limiti emersi in questa fase di sperimentazione, è possibile estrarre anche il lato positivo. «Era chiaramente una sperimentazione – continua Giudici – e come tale ha raggiunto il suo scopo: ha fatto emergere le dinamiche rispetto a cosa funziona e cosa no. Per esempio è emerso che se già dalla prima fase si forma uno zoccolo duro di sottoscrittori, arrivano altri investitori. Se nessuno sottoscrive, allora anche chi è interessato è più restio a mettere del capitale nel progetto».
L’investitore in equity crowdfunding è un soggetto nuovo che si è evoluto parallelamente all’innovazione sostenuta dal web. E a oggi non è chiaro quale sia l’investitore “tipo” che scommette su startup e Pmi innovative, anche se, secondo gli esperti, quello che più avvicina un soggetto a un investimento in equity crowdfunding può essere ciò che in finanza è conosciuto come “Effetto Lotteria”. «In genere si fa riferimento a questo genere di investimento con il termine “fun money”, denaro da divertimento – spiega Giancarlo Giudici – Il profilo di chi mette denaro in queste iniziative, indipendentemente dalla somma, che è proporzionale alla capacità di reddito (per un giovane al primo stipendio possono essere 250 o 300 euro, per un soggetto che ha già risparmi da parte si sale a 2mila o 3mila euro), non lo fa perché pensa di avere un rendimento nel tempo, ma un po’ per quello che in finanza si chiama il “lottery effect”, effetto lotteria, appunto, chi compra un biglietto della lotteria sa che probabilmente perderà il denaro ma può capitare un colpo di fortuna e ha fatto l’affare della vita. Quindi non siamo neanche nell’ottica della diversificazione ma in quella parte di reddito che non fa la differenza per nessuno e che può essere destinata, magari, a finanziare delle startup, idee interessanti che possono avere un impatto sociale».
Nonostante il ritardo italiano l’equity crowdfunding nel 2015 ha raccolto nel mondo 2,56 miliardi di dollari, in gran parte destinati a startup. In Europa il mercato di riferimento è il Regno Unito, dove la principale piattaforma, CrowdCube, ha raccolto finora oltre 168 milioni di sterline. In Italia, con la recente riforma del Regolamento Consob, l’equity crowdfunding ha cambiato marcia e la stima prevista di crescita è sicuramente positiva.
Assiteca Crowd ha lanciato una nuova raccolta fondi per la startup iCareManager che opera nel settore “Hair & Beauty”, e che ha presentato il primo strumento web integrato, con l’obiettivo di portare i saloni “Hair & Beauty” nell’era digitale fornendo loro uno strumento semplice ed intuitivo in grado di aiutarli nella schedulazione di tutte le attività e di accettare anche prenotazioni online dirette, sostituendo il planning cartaceo.
A cura di AssitecaCrowd
Luglio 2016