Al primo posto c'è la Sicilia, al secondo la Campania, seguite da Lombardia, Puglia e Lazio: no, non si tratta delle mete turistiche più gettonate in Italia, ma delle Regioni con il maggior tasso d'insolvenza creditizia. Negli ultimi tre anni, infatti, il livello d'indebitamento degli italiani si è alzato notevolmente, ma il vero problema è stato l'allarmante percentuale di coloro i quali, quei debiti, non li pagano; si parla di un incremento del 48% rispetto al 2010 e, secondo gli esperti della società CRIF, la situazione è destinata a peggiorare ulteriormente nei prossimi due anni.
Il debito italiano in sospeso, quindi, ammonta a quasi 34 miliardi di euro, di cui il 71% appartiene alle famiglie e il 29 alle imprese. Naturalmente, non è possibile generalizzare sulle cause, pur se fondamentalmente sono due: quella più ovvia e sotto gli occhi di tutti è l'elevata percentuale di persone rimaste senza lavoro a causa di una crisi senza fine, mentre l'altra risale a un modo di fare tipicamente italico, profondamente radicato nella (errata) mentalità comune del “evado perchè si”, perchè è più importante possedere l'auto di grossa cilindrata e avere la pay tv che pagare le multe o il canone RAI, e sono molti i modelli “culturali” che veicolano questo messaggio.
Nel primo caso, si smette di pagare il mutuo, le bollette, e talvolta anche l'assicurazione della macchina. Ed è proprio chi è seriamente in difficoltà a fare i conti (in tutti i sensi) con Equitalia, la società di riscossione debiti più temuta e odiata del Paese. Ma il nuovo Decreto del Fare voluto dal governo Letta prova a intervenire limitando i poteri di quest'ultima e concedendo una rateizzazione più dilazionata. Basterà? Sicuramente no, ma è un segnale. Come lo è - ancora di più - l'aver sbloccato crediti affinché Comuni ed Enti pubblici comincino a saldare gli ancor più ingenti debiti (si parla di oltre 90 miliardi di euro) alle aziende, alcune delle quali sono state portate sul lastrico e costrette a chiudere proprio per non aver riscosso somme importanti e vitali per la loro sopravvivenza.
Di soluzioni efficaci e a lungo termine, per ora, nemmeno l'ombra: l'unica possibile sarebbe uscire dalla bufera in cui l'Italia è entrata nel 2007 e da cui non è ancora uscita, riprendendo un percorso di crescita e produttività indispensabile per la sopravvivenza di tutti.
Ottobre 2013