Il Fondo Monetario Internazionale ha confermato ad aprile che banche e istituzioni finanziarie, quali assicurazioni e fondi, andranno incontro entro il 2010 a perdite per circa 4.100 miliardi di dollari.
Una simulazione ha evidenziato che le conseguenti pressioni per ridurre la leva finanziaria delle banche potrebbe portare a una contrazione del credito negli Usa e in Europa pari al 4%.

Ma è ancora sicuro il credito in Europa?
Stefano Marmaglia, global heads per le financial institutions di Rotschild e presidente della branch italiana, intervistato da Il Sole 24 ore, sostiene che lo sia. Secondo Marmaglia, in questi mesi molte importanti banche europee hanno ricevuto ingenti capitali, grazie ai quali i meccanismi della liquidità si sono rimessi in moto.

dollari

I tassi si sono abbassati, ma i margini sui prestiti sono elevati poiché il rischio viene “prezzato”. La qualità del credito è quindi un elemento da tenere sotto osservazione, come ha ricordato Bankitalia durante un recente vertice con il ministro Tremonti. In un quadro congiunturale non favorevole, per le banche italiane il problema non è tanto il passato, quanto il futuro, ossia la retroazione della recessione e della crisi dell’economia reale sui bilanci delle aziende di credito.

La stretta al credito, però, rimane il principale nodo da risolvere. La Bce ha rilevato che in Europa, a dicembre, il totale dei prestiti al settore non finanziario è sceso dai 4.846 miliardi di euro, in essere a fine novembre, a 4.819 miliardi. Per l'intero 2008 il credito al settore non finanziario era

invece aumentato del 9,4%. Lo stesso era avvenuto negli Stati Uniti, dove le banche, nel 2008, avevano prestato il 5,6% in più del 2007. Il problema è sorto al termine dell’estate, quando  le maggiori banche americane, nonostante avessero ricevuto decine di miliardi di dollari per rilanciare il credito, lo hanno invece ridotto dell'1,4% fra il terzo e il quarto trimestre.

La mancanza di credito penalizza anche il commercio internazionale, come ha notato l’economista Lorenzo Bini Smaghi, Membro del Comitato Esecutivo della Bce, al recente convegno Altagamma. Si stima infatti che circa il 90% del commercio mondiale sia parzialmente o completamente sostenuto da strumenti finanziari, che anche in quel comparto avevano conosciuto un rapido processo di innovazione. La crisi di fiducia ha però arrestato i flussi di finanziamento, soprattutto tra operatori di paesi diversi, che hanno minor dimestichezza ad interagire tra di loro, o quelli che si basano su forme di credito più liquide e sofisticate, ma per questo anche più rischiose. Il credito all’export, precisa Bini Smaghi, non consiste solo nel finanziamento dell’impresa esportatrice, bensì anche di quella estera importatrice, che acquisisce la merce dall’esportatore e comporta quindi un coefficiente di rischio più elevato rispetto alle attività bancarie domestiche. Le linee di credito con controparti estere, che richiedono un utilizzo maggiore di capitale, tendono quindi a essere ridimensionate, soprattutto nei confronti delle piccole e medie imprese e con le controparti nei paesi emergenti. Volendo fare una previsione, l’economista ritiene che, una volta stabilizzato il sistema finanziario, ci vorrà del tempo per ricostruire un supporto al commercio internazionale comparabile a quello in vigore prima della crisi. 

Ciò significa che la fase di ripresa delle esportazioni e delle importazioni potrebbe avvenire ad un ritmo inferiore a quella registrata prima della crisi. Novità in vista, infine, per Sace, la compagnia controllata dal Ministero dell’Economia. Il decreto approvato lo scorso 19 maggio ha stabilito che, per la prima volta nella sua storia, Sace potrà assicurare il credito senza essere vincolata dai criteri dell’internazionalizzazione delle imprese e dell'export: a condizioni di mercato agevolerà la riscossione dei crediti vantati verso la pubblica amministrazione e sosterrà il finanziamento per l'acquisto di auto, moto e veicoli commerciali ecologici.

ITALIA, TEMPI D’INCASSO PIU’ LUNGHI
Tagliati gli investimenti, sono i fidi a finanziare l’attività quotidiana delle imprese italiane, in emergenza per la scarsa liquidità e i ritardi negli incassi. Secondo i dati raccolti da Euler Hermes Siac (primaria compagnia internazionale d’assicurazione crediti commerciali) è cresciuto del 10% il  ritardo medio dei pagamenti sulla scadenza concordata. Nel primo trimestre 2009, su 6.400 aziende, si è registrato un rallentamento di quasi un terzo dei mancati pagamenti da parte delle pmi, ma sono aumentati quelli delle grandi aziende. Elevato l’importo medio, salito a 20.000 euro rispetto ai 15.000 del 2008.

 

Come risolvere il rischio credito

Alla luce del difficile quadro economico e finanziario internazionale, la polizza crediti commerciali assume un’importanza ancor più strategica perché la gestione ottimale dei crediti in portafoglio diventa per l’impresa un’imprescindibile indice di affidabilità e stabilità.

Facilitando l’accesso a nuovi mercati, una corretta copertura assicurativa dei crediti è anche uno strumento fondamentale per sviluppare e incentivare le vendite.

La polizza crediti commerciali ha infatti il vantaggio di:

  1. TUTELARE l’azienda per prevenire il rischio di insolvenza della propria clientela e proteggere l’impresa dalle perdite sui crediti;
  2. ACCRESCERE le vendite, facilitando l’accesso a nuovi mercati, incrementando la propria attività e differenziandosi dai concorrenti, evitando di richiedere garanzie aggiuntive;
  3. MIGLIORARE il portafoglio Clienti, grazie a un’attenta selezione della clientela, del credito da concedere e al continuo monitoraggio di ogni singolo cliente;
  4. OTTIMIZZARE la gestione finanziaria, attraverso condizioni di accesso al credito bancario e finanziario più vantaggiose e migliorando la qualità dei crediti a bilancio e, quindi, del capitale circolante.

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Maggio 2009