Non denaro, ma un pacchetto di benefit che, a conti fatti, si traduce in un maggiore risparmio a fine mese per i lavoratori.

Si tratta di un modello di remunerazione innovativo e complementare ai sistemi monetari tradizionali, che, attraverso l’offerta di beni o servizi da parte dell’azienda, consente al lavoratore di tutelare il proprio potere d’acquisto.

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Integrata alla contrattazione nazionale e aziendale, la formula è stata accolta positivamente dalle sigle sindacali per aver introdotto un nuovo concetto di responsabilità sociale di impresa, che premia non solo i lavoratori, ma anche le loro famiglie e il territorio che li ospita.
Erogando beni/servizi al posto di denaro, ci sono vantaggi sia per il dipendente sia per l’azienda. Ipotizzando un costo aziendale di 100 euro per il singolo lavoratore, è infatti palese che, con il sistema retributivo tradizionale, il dipendente, tra trattenute fiscali e previdenziali, ottiene solo circa 50 euro nette. Se invece i 100 euro vengono commutati in un buono spesa, in un vaucher per pagare spese mediche o ancora per l’acquisto di libri scolastici, il lavoratore ha un risparmio effettivo di 100 euro, e l’azienda, grazie al proprio potere contrattuale, non deve corrispondere cifre maggiori ma, anzi, può anche risparmiare.

Rispetto all’Italia, negli altri paesi il welfare occupazionale è più sviluppato. Secondo stime Ocse, le prestazioni “non obbligatorie” erogate dalle imprese rappresentano circa il 14% della spesa sociale complessiva in Gran Bretagna, circa il 7% in Francia, Germania e Svezia e meno dell’1% in Italia.

Ma quali sono i benefit più apprezzati? Previdenza integrativa e tutela della salute sono i desiderata maggiori. Secondo un’indagine di Od&M Consulting, società di consulenza direzionale per le risorse umane, condotta su oltre 2.600 lavoratori, i dirigenti desidererebbero check-up  e piani di protezione per tutta la famiglia, mentre i quadri vorrebbero maggiori coperture delle spese mediche e polizze assicurative. Gli impiegati sarebbero lieti di ricevere rimborsi per le spese sostenute per raggiungere il posto di lavoro, una forma di previdenza integrativa e mutui o prestiti a tasso agevolato.

 

IL CASO LUXOTTICA

Primo caso in Italia, Luxottica, la multinazionale dell’occhiale di Leonardo Del Vecchio, con sede nel bellunese, ha raggiunto un accordo con i sindacati per sostenere i redditi reali dei 7.800 dipendenti italiani. Il valore dell’intesa si aggira intorno ai 2,6 milioni di euro annui, che nel bilancio societario verranno posti sotto la voce “Costo del personale”. Soldi che verranno ripagati dalla riduzione degli accantonamenti di bilancio per gli scarti e dal miglioramento della qualità degli occhiali prodotti.

Si tratta di un nuovo sistema di incentivi non monetari, grazie ai quali i lavoratori potranno acquistare beni di uso primario con degli sconti, e accedere ad una rete dedicata di prestazioni sociali in convenzione: servizi sanitari (dalle cure dentistiche ad accertamenti diagnostici), assistenza personalizzata (aiuti domiciliari per la non autosufficienza)  e programmi educativi (borse di studio, corsi di formazione etc). E ancora: aiuti per sostenere le spese per l’utilizzo dei mezzi di trasporto da e per gli stabilimenti e contributi all’assostenza degli anziani, dei portatori di handicap e dei tossicodipendenti. A titolo di  esempio, è stato concordato un “carrello della spesadel valore di 110 euro, con uno sconto del 10% su ulteriori acquisti, che contiene olio, parmigiano, caffè, marmellata, pasta, tonno, biscotti, miele e persino la nutella.
L’obiettivo è triplice: oltre a sostenere il potere d’acquisto dei dipendenti in tempo di crisi, si promuovono le opportunità dei giovani, i figli dei lavoratori Luxottica, e le loro chance di mobilità sociale.

 

Ottobre 2009