Uno stato di “stabile fragilità”, una permacrisi che sta diventando la nuova normalità. E’ il quadro delineato dalla Mappa dei Rischi di SACE 2023, da cui emergono i profili di rischio per le aziende che esportano e investono nel mondo. Resta inalterata la rischiosità in ambito credito, mentre peggiorano i rischi politici e climatici.
Un nuovo stato di instabilità persistente: questa è l'estrema sintesi dei dati emersi dalla Mappa dei Rischi SACE 2023. Una permacrisi, una "stabile fragilità", che diventa la "nuova normalità" in cui governi, organizzazioni e singoli individui si trovano ad operare. Una sfida che impone, sul fronte dei rischi geopolitici, rischi di credito, cambiamento climatico e transizione energetica, la ricerca di equilibri nuovi e innovativi per adeguarsi, mitigare e favorire la crescita nonostante contesti pressoché sconosciuti.
Mappa dei Rischi SACE: il contesto macroeconomico tra pandemia, guerra e inflazione
"Stabile fragilità: Le vie di crescita sostenibile", questo il titolo scelto per la Mappa dei Rischi SACE nell'edizione 2023, carta interattiva che segnala i profili di rischio per le imprese che esportano e investono nel mondo. Indagati circa 200 mercati esteri, attraverso un set aggiornato di indicatori che valutano rischio di credito, rischio politico e aspetti legati alla sostenibilità, quali cambiamento climatico, benessere sociale e transizione energetica.
Alessandro Terzulli, Chief Economist di SACE, introduce l'aggiornamento 2023 della mappa e dichiara: "La Mappa dei Rischi 2023 evidenzia una generale stabilità del quadro dei rischi del credito globali, senza mostrare tuttavia l’auspicata inversione di tendenza dopo i marcati incrementi dello scorso anno. Se da un lato questa stabilità è una buona notizia perché, nonostante le circostanze geopolitiche avverse, le principali economie sono riuscite a mantenere un livello di rischio relativamente immutato, dall’altro rappresenta un’occasione persa per quelle geografie che hanno beneficiato di ampi supporti finanziari. Peggiorano i rischi politici in un contesto globale fortemente polarizzato da elementi di natura geopolitica, in particolare nella componente di violenza politica; peggiorano i rischi climatici, migliorano gli indicatori di transizione energetica."
Il contesto macroeconomico in cui operano governi, finanza e imprese, è un contesto di instabilità persistente, di crisi permanente e al contempo di stabile fragilità.
Gli ultimi tre anni sono stati funestati dalla crisi pandemica, dalle crisi geopolitiche e dalla corsa al rialzo dell'inflazione, con un rischio recessione che ancora incombe sulle principali economie mondiali.
Le attese di SACE per il 2023 descrivono dunque un ciclo economico ancora fragile:
- inflazione mondiale stimata in calo attorno al 5%;
- calo della crescita del PIL mondiale, con una flessione dell’1,3%;
- interscambio globale praticamente fermo.
Ma si afferma anche "tuttavia, un allentamento delle pressioni inflazionistiche, maggiore a quello atteso, sta aumentando la probabilità di uno scenario migliorativo".
Rischi geopolitici
Sul fronte dei rischi geopolitici, l'anno appena trascorso, delinea una situazione di polarizzazione estrema che fa segnare un peggioramento di tutti gli indicatori, a partire dalla violenza politica. A patire maggiormente sono, per ovvi motivi, i Paesi direttamente coinvolti nel conflitto russo-ucraino e quelli limitrofi dell'Est Europa e gli altri Paesi della CSI. Conflitto, quello russo-ucraino, che tuttavia ha un impatto notevole anche in altre aree del mondo, per via dell’inasprimento delle tensioni sociali dovute all’aumento del costo della vita in contesti economici sotto pressione:
- Nord Africa, in particolare Tunisia ed Egitto;
- Africa Subsahariana (tra cui Nigeria e Sudafrica)
- Asia (con Sri Lanka, Pakistan e Bangladesh);
- America Latina (Colombia, Brasile e Perù).
Lo stato di crisi permanente, poi, non ha fatto che aggravare questioni irrisolte che fanno capo al benessere sociale nella sua interezza, e che se minato può pregiudicare la stabilità dei sistemi socio-economici e il loro sviluppo sostenibile.
Cambiamento climatico
Il 2022, lo abbiamo visto più volte su queste pagine, è stato poi un anno funestato dagli eventi naturali estremi legati al cambiamento climatico. Eventi che sono cresciuti sia per numerosità sia per entità dei danni causati, che colpiscono gli individui (con vittime e sfollati), le attività delle organizzazioni, che ne vedono minata la continuità, fino agli impatti negativi sugli equilibri socio-economici sia a livello locale che internazionale.
Le catastrofi naturali, e le loro possibili conseguenze, diventano dunque elementi imprescindibili nelle valutazioni del rischio d’impresa e, di conseguenza, nelle iniziative per la gestione e mitigazione dei danni, quali le scelte di adeguate coperture assicurative.
Il rischio climatico registra dunque un diffuso peggioramento, in particolare:
- l'area asiatica, con un rischio più consistente dovuto all'incremento delle temperature che procede con una rapidità doppia rispetto alla media mondiale;
- l'Africa in diverse zone, dalle alluvioni in Sudafrica e Nigeria, alla desertificazione del Sahel passando per i cicloni in Madagascar, Malawi e Mozambico;
- i Caraibi e il "corridoio secco" in Centroamerica;
- il Medio Oriente e il Nord Africa, per via della prolungata siccità.
SACE, in collaborazione con Fondazione Enel, ha stimato per area geografica gli effetti fisici ed economici del cambiamento climatico che sono già visibili e rilevanti oggi: negli ultimi due anni si è registrato un incremento percentuale in media del 10% dei danni economici dovuti a disastri legati a fenomeni climatici, con tassi di crescita abbastanza differenziati tra le aree geografiche.
Transizione energetica
Geopolitica e cambiamento climatico, poi, hanno accelerato la necessità della transizione energetica che contribuirebbe a raggiungere un duplice risultato: indipendenza energetica dei Paesi importatori, e dunque minore esposizione alla volatilità dei prezzi, riduzione delle emissioni inquinanti e quindi lotta al cambiamento climatico.
Resilienza e sostenibilità che convergono su questo punto.
Ecco che nel quadro appena delineato, gli indicatori di transizione energetica mostrano un parziale miglioramento, a riprova di una irreversibilità del processo anche a fronte delle notevoli turbolenze affrontate a livello mondiale nel 2022. Non c'è stata la temuta inversione di tendenza verso i combustibili fossili a discapito delle energie rinnovabili.
Europa e America Latina, con andamenti particolarmente positivi degli indicatori, mostrano processi di transizione maturi; migliorano anche per Stati Uniti, Cina e India, mentre si registrano ritardi soprattutto tra i Paesi esportatori di combustibili fossili. In particolare, il miglioramento degli indici di transizione energetica è trainato dall’indicatore delle rinnovabili (in particolare fotovoltaico ed eolico): per la prima volta nel 2022 si è registrato un valore di investimenti superiore a quello in fonti fossili.
I piani nazionali di ripresa post-pandemica e le misure a contrasto della crisi energetica, infatti, esercitano una forte influenza a breve termine sui mercati e sugli investimenti in energia. Dall’inizio della pandemia oltre 1,1 trilioni di dollari sono stati destinati a politiche e incentivi a sostegno dell’energia pulita, tuttavia circa il 90% di questi sono attribuibili alle economie avanzate. Molti mercati emergenti mostrano una maggiora dipendenza dai finanziamenti pubblici per gli investimenti nella transizione, rispetto ai Paesi avanzati, ma allo stesso tempo sono sempre più vincolati dall’aumento dei livelli di debito e margini di manovra fiscale limitati.
Rischio di credito all'export
La rischiosità globale media rilevata dalla Mappa SACE, resta relativamente inalterata rispetto all'edizione precedente. Dunque non vi è l'auspicato rientro dei rischi dopo il notevole incremento da crisi pandemica.
Da qui la definizione di "fragile stabilità", una situazione nella quale le principali economie globali sono quantomeno riuscite, in un difficilissimo 2022 con molteplici crisi da fronteggiare, a mantenere un livello di rischio sostanzialmente stabile.
Una situazione che può essere letta positivamente, tuttavia resta negativa per i Paesi che hanno fallito nell'operazione di rafforzamento dei propri fondamentali macroeconomici, cosa che fa temere una maggiore esposizione ai rischi del credito per chi opera con quei territori.
Tra i principali fattori che hanno agito sul peggioramento dei profili di rischio, troviamo i prezzi delle commodity energetiche e alimentari, pesantemente condizionati dal conflitto tra Russa e Ucraina. Prezzi che hanno generato un triplice effetto:
- peggioramento del rischio di credito delle economie importatrici, quali Tunisia, Bangladesh e Kenya;
- miglioramento per i Paesi esportatori (ad esempio, Paesi del Golfo, Malesia, Brasile);
- stabilità per i Paesi con un'economia consolidata e risorse utili a gestire una situazione di crisi permanente, come diversi Paesi avanzati ma anche India, Vietnam e Messico.
Occorre poi fare un particolare riferimento alla Russia che, principalmente per effetto delle sanzioni internazionali, arriva a toccare il livello massimo di rischiosità.
Per quanto concerne l'analisi del rischio di credito per macro aree geografiche, la Mappa espone le condizioni di sette macro aree circa i rischi sui crediti sovrani, bancari e corporate. Le performance migliori riguardano Paesi avanzati e Medio Oriente, con il rischio su credito sovrano e bancario che scende e rischio corporate che resta stabile. Mentre, come prevedibile, la situazione più critica si rileva in Europa Emergente e CSI, dove crescono tutte e tre le tipologie di rischio di credito.
Rischio di credito in Italia: le opportunità per l'export
La Mappa dei Rischi SACE individua India, Vietnam, Emirati Arabi Uniti, Brasile e Messico, quali mercati che offrono maggiori opportunità per le imprese italiane. Al contrario occorre fare attenzione a Thailandia e Cina che presentano un debito privato elevato, e dunque maggiori rischi di insolvenza. In Estremo Oriente occorre poi considerare anche le tensioni tra Cina e Taiwan, anche se uno scontro militare non pare essere un'ipotesi concreta.
Il conflitto russo-ucraino resta il principale rischio politico, che però può scatenare un domino sulle tensioni presenti in altri Paesi quali Serbia, Moldavia, Kosovo, Azerbaijan e Armenia. A seguire tutti i rischi politici già rilevati a livello globale.
Alessandra Ricci, AD SACE, afferma: "Non sarà un anno facile ma l'export italiano continuerà a crescere: nei primi 11 mesi del 2022 ha messo a segno un +20% circa. Una crescita a doppia cifra che ci attendiamo prosegua a un ritmo più contenuto del 5% anche quest'anno e che ci permetterebbe di superare i 650 miliardi di esportazioni, mantenendo saldo il nostro ranking nella top ten dei 10 Paesi esportatori a livello globale."
Le organizzazioni italiane dunque, hanno mostrato una elevata resilienza:
- riorganizzando la propria strategia internazionale;
- diversificando mercati di sbocco;
- rivedendo le proprie catene di fornitura.
In questa situazione di permacrisi, dunque, si consolida e cresce soltanto chi ha una mappatura dei propri rischi accurata, strategie definite e adeguate coperture.
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