Il Settore sanitario si muove in equilibrio tra vincoli finanziari, mutamento demografico e innovazione tecnologica, verso soluzioni collettive per l’assistenza sanitaria privata.
Il settore sanitario è stato recentemente interessato da un aumento degli adempimenti a cui le strutture e il personale sono tenute ad adeguarsi. La Legge Gelli ha imposto l’adozione di uno specifico sistema di gestione del rischio sanitario, per un complessivo ammodernamento delle strutture e agevolazioni finanziarie a sostegno della digitalizzazione delle attività. Il futuro della Sanità Italiana sembra infatti inevitabilmente passare per l’innovazione tecnologica, mentre molte apparecchiature hanno superato i limiti di obsolescenza e non soddisfano gli standard di utilizzo. Secondo Assobiomedica l’età media dei sistemi di diagnostica per immagini supera i 7 anni, a volte addirittura i 13, limitando il risultato clinico, rischiando di essere dannoso per pazienti e operatori sanitari e pesando maggiormente in termini di spese di gestione e manutenzione.
Inoltre, il mutamento demografico della popolazione italiana verso una maggiore longevità mette a rischio la sostenibilità del sistema sanitario del nostro Paese, sia finanziariamente (secondo le ultime stime della Ragioneria Generale dello Stato - RGS di qui al 2025 saranno necessari dai 20 ai 30 miliardi di euro aggiuntivi), sia in termini di capacità assistenziale. La cronicizzazione delle malattie e il maggior tasso di dipendenza dovuto all’invecchiamento della popolazione richiedono modelli organizzativi. Mentre il Sistema Sanitario Nazionale fatica a rispondere alle sfide dell’attuale contesto demografico ed economico, cresce la spesa sanitaria privata.
Si riduce l’offerta sanitaria pubblica
Stando al Rapporto OASI 2017 (Osservatorio sulle Aziende e sul Sistema Sanitario Italiano) stilato da SDA Bocconi School of Management e CERGAS (Centro di Ricerche sulla Gestione dell'Assistenza Sanitaria e Sociale), l’attuale sistema di Welfare sembra essere destinato a perdere il suo già precario equilibrio. Le proiezioni demografiche stimano un rapporto tra anziani e popolazione attiva di 60 a 100 nel 2065, mentre diminuirà la capacità di spesa dei futuri pensionati.
Il rapporto registra una crescente rinuncia alle cure del Sistema Sanitario Nazionale, con una diminuzione dei ricoveri del 25% tra il 2008 e il 2016, scesi a 9 milioni nel 2016. Le fonti pubbliche coprono il 95% della spesa ospedaliera, ma solo il 65% della spesa per assistenza residenziale a lungo termine e il 60% della spesa per prestazioni ambulatoriali.
La variabilità regionale della spesa sanitaria pubblica pro-capite è significativa, anche se in leggera diminuzione, riconducibile in primo luogo al diverso assetto dei Sistemi Sanitari Regionali, soprattutto per quanto riguarda la differente ripartizione tra pubblico e privato nelle strutture di offerta: Lombardia, Lazio, Molise, Campania, Puglia e Sicilia presentano un’incidenza della spesa per fattori interni alle aziende sanitarie pubbliche inferiore alla media nazionale, data la significativa presenza di strutture private accreditate, ospedaliere e ambulatoriali. Lombardia, Lazio, Campania e Puglia e Molise presentano quote inferiori alla media nazionale di personale dipendente del settore pubblico, mentre la Sicilia evidenzia valori più elevati rispetto alla media, pur contando su un gran numero di strutture private dedicate.
Il Rapporto OASI rivela profonde differenze tra nord e sud del Paese anche per quanto riguardo speranze di vita, assistenza e spesa privata: la speranza di vita in buona salute varia da 60 anni al Nord a 56 anni al Sud, con il massimo divario tra Calabria (50 anni) e Bolzano (70). I tassi di copertura dei bisogni di assistenza residenziale a lungo termine sono contenuti al Nord e praticamente assenti nelle regioni centro-meridionali. E’ sbilanciata al Nord anche la spesa sanitaria privata delle famiglie: in Lombardia, con 752 euro per abitante, si è speso più del doppio che in Campania, dove si pagano mediamente 303 euro l’anno.
Le strutture sanitarie private sono centrali
Il Rapporto denota una governance in movimento nel settore sanitario. Nel 2017, le aziende sanitarie territoriali che erogano servizi sono diminuite fino ad arrivare a 120, aumentando di conseguenza la loro dimensione media (oltre 500.000 abitanti). In alcune regioni, tra cui la Lombardia, i riordini dei Sistemi Sanitari Regionali hanno previsto la re-integrazione completa o parziale della rete ospedaliera. Per questo, le aziende ospedaliere sono calate da 75 nel 2015 a 43 di fine 2017.
Emerge un modello fatto di sistemi regionali integrati attorno a una struttura principale, che coordina e spesso svolge funzioni operative prima affidate alle aziende. Le strutture private accreditate si confermano centrali: il 25% dei posti letto ospedalieri, il 59% degli ambulatori e il 78% delle strutture socio-sanitarie residenziali del Sistema Sanitario Nazionale sono privati. Gli erogatori privati completano il servizio sanitario pubblico, soddisfando aree in cui la domanda cresce e l’offerta pubblica è limitata, come i bisogni relativi alla non autosufficienza e alla riabilitazione.
Per la compliance verso i recenti cambiamenti normativi, occorre comunque rivedere le modalità di gestione del rischio delle strutture sanitarie, di assicurazione e di auto-assicurazione.
Spesa sanitaria: un quarto al settore privato
L’ultimo Rapporto Istat dei conti della sanità per l’Italia stima una spesa sanitaria di 149.500 milioni di euro (poco meno del 9% del PIL) nel 2016, sostenuta per tre quarti dal settore pubblico e un quarto da quello privato. La spesa privata, pari a 37.318 milioni di euro (il 2,2% del PIL), è a carico delle famiglie per il 90,9%. Più della metà degli italiani (35 milioni di italiani) ha dovuto sostenere le spese sanitarie di tasca propria, mentre la spesa sanitaria pro capite è cresciuta con un tasso medio annuo dello 0,7% dal 2012.
Prevedere “una dimensione collettiva” alla spesa privata, attraverso l'intermediazione delle Forme Sanitarie Integrative, quali assicurazioni, fondi e mutue, può ridurre significativamente la spesa sanitaria a carico dei singoli e delle famiglie, che recuperano in media circa il 56% della propria spesa sanitaria privata.
Il “secondo pilastro”: la sanità integrativa privata
Una sanità integrativa strutturata come “secondo pilastro sanitario”, composto da polizze sanitarie, welfare aziendale e fondi, si sta sempre più sostituendo al sistema pubblico, incapace di soddisfare adeguatamente soprattutto i nuovi bisogni legati all’invecchiamento della popolazione.
L’acquisto collettivo delle prestazioni e l'ottimizzazione delle agende delle strutture sanitarie, permessi dalle soluzioni alternative al sistema pubblico, renderebbe la spesa sanitaria privata “intermediata”, non solo più sostenibile economicamente, ma anche più efficiente.