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Piano di Business Continuity: sempre più richiesto alla supply chain

Avere un piano di Business Continuity ed essere consci del proprio grado di resilienza sono elementi chiave per qualsiasi azienda

 

Cresce l’attenzione nei confronti dei piani di business continuity: circa il 74% delle organizzazioni (erano il 63% un anno fa) richiede alla propria supply chain informazioni in merito ai progetti messi in atto per garantire la continuità operativa.

E’ uno dei dati che emerge dal “Supply Chain Resilience Report 2017” realizzato dal Business Continuity Institute (BCI) con il supporto di Zurich Insurance Group, e dal quale si conferma una maggiore sensibilità sul tema, ma ancora molte resistenze nel definire un vero e proprio piano di business continuity.

Ogni azienda dovrebbe avere chiaro il proprio livello di resilienza. Reagire nel modo più rapido possibile ad un evento che causa l’interruzione della catena di approvvigionamento può rivelarsi vitale: a volte, come ricorda Nick Wildgoose, global supply chain product leader di Zurich, arrivare “secondi” può non essere sufficiente.

Sono però ancora poche le aziende che si affidano alla tecnologia e ai Big Data per superare le possibili lacune relative alle risorse o alle competenze nella gestione della supply chain:  ben il 63% non ricorre ad alcuna tecnologia per analizzare e monitorare le prestazioni della propria catena di approvvigionamento.

Il 51% delle aziende sceglie inoltre di non assicurarsi contro le perdite della supply chain, nonostante il mercato abbia messo a disposizione un maggior numero di prodotti assicurativi.

Gianluca Riglietti, CBCI - Research & Insight Manager BCI, conferma che rapportarsi con le interruzioni della supply chain è diventato sempre più difficoltoso per le aziende e le minacce attuali richiedono un livello di attenzione e preparazione sempre maggiore, dovendosi destreggiare fra cyber attack, terrorismo e disastri naturali.

Reputazione e collaborazione elementi chiave

Dal report dedicato alla Business Continuity per la Supply Chain emerge come la reputazione  sia un elemento chiave: per avere feedback positivi le organizzazioni sono portate ad avere maggiore consapevolezza delle problematiche relative alle potenziali interruzioni della catena di approvvigionamento. Non solo: sono chiamate anche a saper comunicare correttamente nei momenti di crisi.

Molta importanza viene data anche alla capacità di collaborare: un aspetto sicuramente da implementare ma che può rappresentare una risorsa efficace nella gestione della supply chain.

Le principali cause dell’interruzione della supply chain

Le cause principali della rottura della catena di approvvigionamento sono le interruzioni impreviste dei servizi ICT e di telecomunicazione. Insieme agli attacchi cyber, sempre più frequenti e temuti dalle aziende, e alla violazione dei dati rappresentano i maggiori rischi per la continuità aziendale. 

A sorpresa, però, è l’incendio la minaccia che è cresciuta maggiormente, balzando dal 14° al 7° posto fra le cause principali di interruzione della continuità.

La business continuity è messa a dura prova anche dalla perdita dei talenti o delle figure chiave all’interno dell’organizzazione.
Non mancano, purtroppo, anche gli attacchi terroristici e la volatilità della moneta, uscite però dalla top ten.

Le conseguenze dell’interruzione della supply chain

Non avere un piano di business continuity può causare seri danni alle imprese: gli impatti più significativi si hanno sulla perdita della produttività (55% dei casi), sull’aumento del costo del lavoro (46%) e sui reclami da parte della clientela, a scapito, come detto, della reputazione.

Dal punto di vista economico, il 53% delle aziende coinvolte nell’indagine ha affermato di aver riportato perdite per meno di 50 mila euro, contro il 33% dell’anno precedente. Le perdite superiori al milione di euro sono invece diminuite, passando dal 34 al 22%.